L’individuo nel corso della sua crescita interiorizza il linguaggio, le credenze, le regole, i ruoli tipici della sua cultura. Questo processo di inculturazione abitua l’individuo a vedere la realtà secondo certe lenti preconfezionate; a ragionare, pensare, agire secondo determinati schemi mentali e raramente riesce a svilupparsi nel modo che gli è più congeniale.
Anna Maria De Luca questo lo sa…e la sua opera rappresenta magistralmente questa presa di coscienza…per evolversi è necessario rompere gli antichi limiti imposti, è necessaria una rottura di quel muro che ci separa dalla libertà.
Osservando il moto distruttivo della figura di donna al centro dello spazio del dipinto, ci accorgiamo come sia imperante il bisogno dell’artista di affrancarsi dal passato… evolversi. Dal ginocchio della gamba piegata e dal braccio mutilato percepiamo un gioco di linee di forza che si diramano e spingono verso destra, per portare lo sguardo verso un futuro di emancipazione…prendere le distanze da ogni costrizione.
Nel volto della figura, che emerge da uno sfondo indifferenziato, priva di tratti somatici distintivi il messaggio di A. M. De L. è chiaro: per uscire dall’anonimato, coltivare la propria essenza è necessario deidentificarsi con ciò che non ci appartiene, rompere gli schemi precostituiti un tempo rassicuranti e funzionali al nostro vivere…ma, come l’araba Fenice che si prepara alla morte consapevole che risorgerà dalle ceneri del suo fuoco, sono necessari consapevolezza e coraggio.
Quest’opera è una metafora di un messaggio non solo individuale, ma a più ampio raggio. Identifichiamo nel disco celeste che si staglia sullo sfondo l’immagine del mondo…come a evidenziare il bisogno a livello sociale di risorgere a nuova luce da una condizione di morte causata dalla pandemia coronavirus…un’occasione per sovvertire un ordine sociale che non corrisponde più alla nostra natura.
Rosita Camera, arte terapeuta